Bianco e nero. L’istante viene fissato, sospeso in una cornice che l’occhio vuole catturare, invano. Patina fotografica che racchiude l’essenza di uno sguardo sul mondo. L’Ospedale SS Annunziata di Chieti ha un prospetto regolare, con le sue finestre tutte uguali.
I dettagli fotografati in bianco e nero mostrano una ritmica percettiva; come se, oltre alla carta fotografica, fosse sempre presente uno spartito musicale.
La prospettiva visiva cambia sempre man mano che ti sposti con la macchina fotografica. Così a Pescara spuntano due torri avvolte dalla luce del sole, immerse nel grigio della città. Rampe e strade, tunnel scuri fanno da contorno.
Strade di cemento e percorsi, talvolta sospesi, sorretti da corde di acciaio evanescenti. Ponti sui quali passare con calma, come se l’assenza di una fotografia in bianco e nero regalasse al mondo una necessaria lentezza. Osservare lentamente, camminare lentamente, sognare lentamente, prefigurare lentamente.
A Pescara puoi passare sui ponti sospesi oppure, per strada, guardare in alto e vedere lampioni e ponti di cemento. La dimensione è la stessa, come in un quadro: la sospensione della realtà. Manca sempre qualcosa quando siamo sospesi. Eppure è proprio da questo stare perennemente in alto, sospesi, in bianco e nero, che possiamo cogliere la vera patina della realtà.
Perché a Pescara c’è il mare che rende immensa l’assenza e infinito il sogno, orizzonte libero e senza tempo. Una giostra per bimbi, arrugginita, immobile, sulla sabbia. Un uomo dietro. La sabbia si confonde con il mare e il mare si confonde con il cielo. L’assenza è come l’infinito, racchiude tutto nella sua essenza. Bianco e nero, solamente questo rimane, e tutto il resto.
