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XL-L-M-S, FIELD OPERATIONS – di Giuseppe Conti

Globalizzazione, modificazioni repentine e innovative nel campo della tecnologia, decentramento e riconversione dei sistemi produttivi hanno determinato macroscopiche modificazioni urbane; tra queste, la dismissione di vaste aree della città rappresenta uno degli effetti più tangibili della deindustrializzazione e della delocalizzazione produttiva che ha investito le grandi metropoli negli ultimi decenni.

Spesso interessate da situazioni di degrado sociale ed ambientale, queste aree sono state oggetto di interventi caratterizzati da un approccio interdisciplinare che comprende architettura, paesaggio, land-scape ecology, tecnologie social; un nuovo modo di affrontare i problemi della città contemporanea e integrare architettura e infrastrutture oltrepassando i limiti fisici e amministrativi tradizionali.

Negli ultimi anni alcuni progetti sono stati in grado di incrementare la densità relazionale di interi comparti urbani e restituire significato ad ex aree industriali, luoghi dismessi, interstizi ed ex infrastrutture interrotte massimizzandone l’intensità di usi in tutte le ore della giornata e puntando al concetto di spazio pubblico come luogo per attività portatrici di urbanità, vitalità e relazioni sociali.

La High Line, il parco progettato da Diller, Scofidio+Renfro e James Corner Field Operation su un tratto in disuso della ferrovia sopraelevata di New York, rappresenta uno straordinario esempio di spazio iper-sociale in cui la natura prende il sopravvento sull’infrastruttura urbana.

L’alternarsi di luoghi selvaggi, coltivazioni, punti panoramici, gradoni in teak riciclato, con il paesaggio urbano a fare da quinta, genera un percorso che permette ai residenti e ai visitatori di attraversare la città percorrendo 22 isolati, senza mai incontrare traffico motorizzato; un intervento diventato in pochi anni un modello da seguire, come dimostrano il più recente progetto di Skygarden di MVRDV per il viadotto della stazione di Seoul e lo Skate Park Jardines de Aureà Cuadrado di Barcellona,  creato da Scob Arquitecture y Paisaje dal recupero funzionale di un ponte.

Reinvenzioni tipologiche in grado di conferire agli spazi pubblici un nuovo carattere identitario  caratterizzano Superkilen, a Copenaghen, nel cui progetto lo studio BIG, i paesaggisti Topotek1 e gli artisti visivi Superflex hanno coinvolto direttamente la popolazione del quartiere più multi-culturale della Danimarca; così l’incredibile diversità di Nørrebro si trasforma in un collage di storie e realtà urbane provenienti da ogni parte del mondo. La superficie fitta di oggetti è suddivisa in tre aree distinte da tre differenti colori: una zona rossa dedicata alle attività sportive; un vero e proprio parco giochi, erboso, verde; uno spazio nero riservato al mercato alimentare. Un modo efficace di rendere leggibili le differenze etniche del quartiere attraverso oggetti che si intersecano e interagiscono in nome di una integrazione culturale rispettosa del multi-culturalismo.

A Shangai, una porzione di tessuto urbano sopravvissuto all’edificazione viene riconfigurata dallo studio 3Gatti attraverso una piattaforma in legno che con le sue pieghe è in grado di determinare la tettonica del luogo, accogliendo le diverse funzioni di cui uno spazio pubblico necessita (percorsi, sedute, vegetazione, banner pubblicitari). KIC Park recupera uno spazio interstiziale povero non solo di attività, ma anche di significato, reintroducendolo nel metabolismo urbano attraverso una armonica combinazione di legno e vegetazione.

Il fenomeno del recupero degli spazi urbani degradati e il nuovo atteggiamento con cui vengono affrontati i problemi della città contemporanea non riguardano soltanto i grandi agglomerati urbani, ma anche i centri medio-piccoli; è il caso di Zighizaghi, parco urbano multisensoriale realizzato a Favara (Sicilia) e ideato da OFL Architects.

Sintetizzando le sperimentazioni precedenti, tra le quali Wunderbugs e Sainthorto,  in un progetto di iniziativa privata, Zighizaghi riesce a risemantizzare un’area che le dinamiche urbane hanno reso marginale. A partire dal dopoguerra, infatti, Favara è cresciuta in maniera quasi incontrollata e indiscriminata, adottando un modello di sviluppo espansivo; ciò ha provocato l’abbandono del centro antico, causandone il collasso fisico, ambientale e sociale e la formazione di una periferia anonima e indifferenziata. Attraverso una perfetta sinergia di natura, architettura e tecnologie social, Zighizaghi trasforma uno spazio di passaggio in un luogo che recupera il senso del vivere comune con particolare attenzione alle problematiche dell’ecologia e della sostenibilità.

Nel progetto coesistono due dimensioni: quella topologica orizzontale, caratterizzata dall’aggregazione di moduli esagonali in multistrato fenolico e quella verticale determinata da sei Super Pod  dotati di un corpo illuminante e di un diffusore acustico che si attiva al tatto.

In corrispondenza dei bordi e delle aree centrali, agendo per sottrazioni modulari, Zighizaghi fa emergere la componente vegetale costituita da essenze mediterranee appositamente selezionate in relazione al contesto ambientale.

XL-L-M-S, così potremmo catalogare gli interventi analizzati: quattro progetti che, seppur a scale differenti, affrontano, attraverso un approccio multidisciplinare e innovativo, i problemi della città contemporanea mostrando una comune propensione nell’unire in maniera coerente paesaggio urbano e infrastrutture.

Giuseppe Conti – OFL Architects

[Fotografie – Zighizaghi: Foto©Giuseppe Guarneri – Altre immagini: fonte web]

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