Copertina Paolo Colarossi - Otto Punti Urbanistica

Otto punti per rilanciare l’Urbanistica in Italia – di Paolo Colarossi

Che l’urbanistica in Italia necessiti di un rilancio e che la questione sia rilevante lo dimostra il paesaggio di quelle parti delle nostre città realizzate negli ultimi settanta anni: parti di bassa qualità urbana che coprono ormai almeno l’ottanta per cento del totale delle aree urbane.

Dobbiamo prendere atto del fallimento della cultura urbana attuale e dobbiamo anche prendere atto del fatto che è necessaria e urgente la ricostruzione di una nuova cultura delle città.

Ma la ricostruzione di una nuova cultura urbana richiede riflessioni, tentativi, verifiche e di nuovo tentativi: vale a dire molto tempo. Del resto l’urbanistica è una disciplina sperimentale.

Dunque si deve procedere per tentativi e, io dico, usando molto buon senso (che è personale) così come anche il senso comune (che è una forma di cultura condivisa, ma spesso inconsapevole, o meglio priva di ascolto, una cultura forse maggioritaria ma silenziosa anche se spesso meritevole di essere considerata).

Ma non partiamo da zero, alcuni sentieri sono già tracciati e conviene provare a seguirli. Sentieri che possono già essere definiti come tendenze verso una nuova cultura delle città: sono leggibili in diversi documenti internazionali (Convenzioni, Accordi, Carte) [1] e nelle riflessioni di vari urbanisti proposte negli anni recenti e che trattano delle questioni relative al paesaggio, alla sostenibilità, alla qualità urbana.

Allora, un po’ ragionando sui contenuti dei documenti internazionali e sulle questioni poste dagli urbanisti, un po’ su riflessioni e sperimentazioni progettuali svolte personalmente, provo a dare anche io un contributo alla ricostruzione di una nuova cultura urbana (a una nuova cultura dell’abitare), con l’intenzione di dare concretezza e un buon grado di fattibilità alle idee e alle proposte, e propongo un discorso sulla città articolato in otto punti.

Otto punti tra loro in sequenza che sono anche otto parole chiave, otto capitoli per formare, questa è l’ambizione, un discorso coerente, anche se non completo, circa idee e proposte per rilanciare l’urbanistica in Italia: Urbanistica per gli abitanti, Abitare, Paesaggio, Spazio pubblico, Quartiere, Bellezza, Campagna periurbana e Campagna profonda, Nuovi strumenti urbanistici.

1 – Urbanistica per gli abitanti

È un punto preliminare che è contenuto in tutti gli altri e li conforma, richiede profondi cambiamenti negli atteggiamenti culturali, nei contenuti dei piani e progetti e nelle tecniche relative.

Una Urbanistica rivolta agli abitanti deve essere una Urbanistica che applichi principi e  contenuti fondati su profonde radici antropologiche che, come tali, originano desideri ed esigenze ampiamente condivise e condivisibili sulla qualità dell’abitare.

Una Urbanistica, perciò, che sia prioritariamente rivolta a soddisfare quei desideri e quelle esigenze.

Dunque una Urbanistica per gli abitanti è anzitutto una Urbanistica partecipata. Una Urbanistica, cioè, che faccia discendere scelte e proposte dall’interrogazione e dall’ascolto degli abitanti.

Una Urbanistica tutta incentrata sul ben-essere degli abitanti, per costruire le condizioni per un buon abitare.

2 – Abitare

Abitare significa avere consuetudine con i luoghi della propria vita e per questo intrattenere con quei luoghi relazioni significative.

Per un buon abitare le esigenze degli abitanti che l’Urbanistica può contribuire in modo rilevante a soddisfare sono quelle dell’accoglienza, dell’urbanità e della bellezza.

Sono accoglienti i luoghi accessibili a tutti, in particolare alle persone deboli, luoghi comodi e sicuri.

Caratteristiche dell’urbanità di un luogo sono una adeguata dotazione di attrezzature e servizi pubblici o di pubblico interesse.

La bellezza di un luogo non deve essere ritenuta sempre come la bellezza dell’opera eccezionale ma anche e soprattutto una bellezza gradevole, piacevole, una bellezza che contribuisca a un sentimento di ben-essere negli abitanti, che faccia dire agli abitanti: sto bene in questo luogo.

Una bellezza, perciò, che dipende anche dalle qualità di accoglienza e di urbanità di un luogo.

Ma le qualità di accoglienza, di urbanità e di bellezza possono essere apprezzate dagli abitanti solo nella piccola dimensione, vale dire nel contatto diretto con lo spazio dei luoghi, nel lento movimento del camminare.

E dunque vanno progettate (immaginate) e realizzate quelle qualità proprio in quella dimensione. Il che significa che la buona qualità urbana si ottiene anche attraverso la cura dei dettagli o con piccoli interventi diffusi, ma che nel loro insieme producono grandi effetti positivi sul buon abitare.

La piccola dimensione è dimensione fisica, ma anche culturale, necessaria al buon abitare, della quale l’Urbanistica deve farsi carico nei suoi contenuti e strumenti, utilizzando i principi della composizione urbana.

L’Urbanistica deve ritrovare il suo nucleo centrale nei metodi, contenuti e scale della progettazione urbana, piuttosto che nella pianificazione o nei progetti di architettura, anche se della città.

3 – Paesaggio

L’apprezzamento delle qualità del buon abitare in un luogo avviene prevalentemente attraverso la percezione di quelle qualità.

Vale a dire attraverso la percezione del paesaggio di quei luoghi, in quanto tutto il mondo fisico che percepiamo è paesaggio. [2]

E dunque qualsiasi trasformazione, anche minima, che si produce in un luogo ne modifica il paesaggio, sia quello percepito dall’esterno (paesaggio panorama), sia quello percepito dall’interno dello spazio del luogo.

E di questo occorre che l’Urbanistica tenga sempre conto. Considerando attentamente anche come provvedimenti legislativi e regolamenti possano produrre indirettamente modifiche anche rilevanti al paesaggio.

Se consideriamo le comuni modalità delle nostre percezioni, queste avvengono secondo percezioni locali (la percezione statica, immediata di un luogo), e sequenze di percezioni (la successione delle percezioni locali nel movimento). Percezioni che nel ripetersi incidono a poco a poco nella nostra memoria due tipi di mappe: le mappe di orientamento e le mappe di senso.

Le mappe di orientamento sono costruite dall’insieme dei riferimenti [3] che ci permettono di muoverci nello spazio secondo obiettivi di destinazione.

Le mappe di senso sono costruite dai riferimenti ai quali conferiamo valori, e che non sono necessariamente coincidenti con i riferimenti delle mappe di orientamento.

Ma comunque possiamo affermare l’ipotesi che quanto più un luogo è accogliente e dotato di urbanità e bellezza tanto più emergerà nelle nostre mappe mentali.

Anche nei casi nei quali si intrattengano rapporti saltuari o addirittura unici con i luoghi.

4 – Spazio pubblico

Risulta evidente che i luoghi nei quali prioritariamente riceviamo le percezioni che costruiscono le nostre mappe mentali siano gli spazi pubblici, in quanto accessibili a tutti e da tutti frequentati.

Gli spazi pubblici sono i luoghi nei quali prevalentemente possiamo godere delle qualità di accoglienza, di urbanità e di bellezza. Quando sono spazi pubblici a prevalente uso pedonale.

Spazi pubblici che però sono oggi ridotti prevalentemente, nelle parti di città recente, a strade per il traffico e a parcheggi.

Spazi pubblici dei quali dobbiamo, perciò, ricordare e riscoprire la molteplice ricchezza di tipi: piazze piazzette e slarghi per l’incontro; viali e percorsi per il passeggio; parchi e giardini per godere della natura; luoghi dotati di tracce e manufatti, anche minori, che celebrano le storie di quei luoghi e li arricchiscono di senso; luoghi dai quali si possono ammirare panorami come belvedere e spazi lungo il mare, i laghi e i fiumi; luoghi delle istituzioni, come piazze e piazzette sulle quali affacciano edifici pubblici; le piazze e le strade commerciali.

Sono queste le categorie di spazi pubblici più amati e frequentati dagli abitanti.

E perciò sono quelli che più fortemente sono incisi nelle nostre mappe mentali e che determinano la percezione della qualità dell’abitare. Percezioni che sono ancora più rafforzate quando diversi spazi pubblici sono tra loro ben collegati da altri spazi pubblici a formare un sistema: un viale che collega tra loro due piazze o una piazza e un giardino pubblico, o più piazze tra loro connesse formano una sequenza che certamente risulta più forte nello strutturare e caratterizzare una parte di città a confronto con una situazione nella quale quegli stessi tipi di spazi sono tra loro isolati e dispersi nel tessuto urbano.

5 – Quartiere

Il quartiere è la componente di base della città, sia delle piccole come delle grandi città, in quanto ambito della vita di ognuno.

Prima ancora che alla città, ci si sente appartenenti al proprio quartiere.

Non si abita una città, si abita in qualche quartiere: il quartiere dove si risiede, il quartiere dove si lavora, il quartiere che si frequenta per vari motivi.

Occorre che l’Urbanistica si interessi alla dimensione del quartiere, a una nuova politica per i quartieri che promuova il miglioramento delle qualità dell’abitare nei quartieri esistenti o per stabilire condizioni di un buon abitare nei nuovi quartieri. E una delle condizioni di base è che ogni quartiere sia dotato di un proprio centro di quartiere, cioè di un proprio “asse vertebrale[4] costituito da un sistema di spazi pubblici e dalle attrezzature e servizi che su quello si affacciano.

Condizione che ne comporta un’altra altrettanto importante: la rivoluzione della mobilità, che è richiesta dalla necessità che il sistema centrale di spazi pubblici sia a prevalenza pedonale, o comunque a traffico controllato.

Il che comporta il rovesciamento della situazione attuale di prevalenza dell’automobilità sulla pedonalità negli spazi pubblici, almeno nei centri di quartiere: con la pedonalità che diventa prioritaria rispetto all’automobilità.

Una nuova politica per i quartieri significa proporre una visione di una città fatta anche di quartieri, ambiti dove è primaria l’attenzione dell’Urbanistica alla piccola dimensione.

Senza però dimenticare il ruolo importante della grande dimensione nel costruire le qualità dell’abitare.

Una città fatta anche di quartieri è una città dove la rete della grande viabilità (o meglio della grande mobilità), la rete delle grandi attrezzature urbane e quella dei grandi parchi lega e connette tra loro i quartieri.

Tutto il discorso sul quartiere può essere trasferito dalla dimensione urbana alla dimensione territoriale, dove quartiere sta per piccolo centro urbano e città sta per sistema territoriale.

6 – Bellezza

La bellezza di una città è la bellezza di ognuno dei suoi quartieri.

La bellezza di un quartiere è affidata al paesaggio dei suoi spazi pubblici, prima che alla bellezza delle architetture degli edifici.

Un bel quartiere è un quartiere dotato di un sistema centrale di spazi pubblici accogliente, con attrezzature e servizi affacciati sugli spazi pubblici i quali rispondano ad alcune basilari principi di estetica urbana [5] riguardanti sia il sistema di spazi pubblici nel suo complesso, sia i singoli spazi pubblici che lo compongono.

Occorre seguire, nella progettazione e realizzazione dei sistemi e dei singoli spazi pubblici, cinque principi: gerarchizzazione, conformazione dello spazio, variazione e articolazione, relazioni con il contesto, narrazione.

La gerarchizzazione è l’operazione che rende evidente e riconoscibile, nel tessuto del quartiere, il sistema centrale di spazi pubblici e attrezzature (la struttura urbana del quartiere). La struttura urbana di un quartiere è data dal sistema dei luoghi e delle attrezzature di primaria importanza. La struttura urbana richiede riconoscibilità rispetto agli altri luoghi del quartiere.

La conformazione dello spazio richiede che gli spazi pubblici, componenti la struttura, siano conformati in modo chiaro ed evidente e delimitati da margini fisici leggibili. La conformazione dello spazio determina la riconoscibilità e la identità di quello spazio.

Il principio di variazione e articolazione va seguito sia nella diversificazione dei tipi di spazi che compongono un sistema centrale, sia nei singoli spazi componenti. All’interno dei singoli spazi il principio comporta l’individuazione e la formalizzazione delle diversità fisiche e d’uso: la costruzione di spazi dentro uno spazio.

Le relazioni con il contesto (natura, storia, città esistente, abitanti) determinano e condizionano la forma della struttura (del sistema) e le variazioni e articolazioni all’interno dei singoli spazi pubblici. Unitarietà, diversificazione, articolazione della struttura e delle singole componenti dovrebbero nascere dai suggerimenti forniti dal contesto.

La narrazione è il principio che ricompone tra loro nell’unitarietà della concezione progettuale i quattro precedenti criteri. Un progetto è una narrazione che propone in modo leggibile agli abitanti sequenze di spazi, temi e significati.

Un ruolo determinante per il rispetto dei cinque principi possono svolgere le alberature: nel rendere riconoscibile il sistema centrale, nel conformare spazi, nel proporre variazioni e relazioni con il contesto, nel costruire temi della narrazione.

Del resto, uno dei fattori di bellezza nella città sono le alberature. Tutti gli alberi sono belli e il loro uso apporta alla bellezza anche le qualità dell’accoglienza per l’ombra che offrono, per il controllo dei microclimi, per l’abbattimento delle polveri e della CO2.

7 – Campagna periurbana e campagna profonda

La campagna periurbana è la campagna a contatto con i margini della città cioè a contatto con i margini dei quartieri che confinano con la campagna.

Campagna che spesso penetra anche tra quartiere e quartiere.

Ma campagna che per gli abitanti della città ha una immagine debole, in quanto spazio generalmente percepito privo di valori e di senso.

E di conseguenza spesso concepita come area di riserva per localizzare attrezzature o attività urbane di scarso pregio

Ma al contrario la campagna periurbana è un luogo che deve essere considerato strategico per il buon abitare non solo dei quartieri che su quella si affacciano, ma anche per ampie parti di città [6].

Perché la campagna periurbana deve essere una opportunità e una componente per la costruzione delle condizioni di un buon abitare, sia per la sua bellezza, sia per le sue potenzialità produttive.

Ma è una opportunità anche perché quando nei quartieri di margine non è possibile reperire le aree necessarie per la realizzazione di nuovi spazi pubblici, attrezzature e servizi, questi possono essere localizzati su strette fasce di terreno sui bordi dell’edificato esistente per formare un nastro di verde e servizi e spazi pubblici in affaccio sulla campagna: delle Mura Verdi [7] che siano invalicabili dall’urbanizzazione, a difesa della campagna, ma che siano spazio di relazioni tra campagna e città per gli abitanti.

Mura Verdi che comportano un nuovo rapporto città campagna, nel quale la campagna periurbana sia rigenerata con opportune politiche di conservazione e incentivazione delle coltivazioni agricole ma anche con possibili localizzazioni di attività connesse all’agricoltura e attrattive per gli abitanti della città.

Così che possa essere percepita come luogo accogliente e bello e parte dei luoghi necessari per un buon abitare e dunque come bene comune.

Un nuovo rapporto città campagna comporta anche una nuova visione della campagna profonda, la campagna fuori e lontana dalla città, nella quale cioè gli influssi urbani sul paesaggio sono limitati e ben circoscritti.

Un nuovo rapporto città campagna deve comprendere, per quanto riguarda l’Urbanistica, tutti i provvedimenti necessari e opportuni alla conservazione e all’incremento delle attività agricole e allo sviluppo delle attività del turismo. Appartengono alla campagna profonda anche tutti i centri urbani di piccole e piccolissime dimensioni dei territori marginali, con i loro centri storici minori e con i numerosi beni culturali sparsi.

La qualità (la bellezza) del paesaggio della campagna, periurbana e profonda, deve essere il risultato delle interazioni tra una concezione istituzionale del paesaggio (i piani paesistici, i vincoli) e la gestione, cura e manutenzione operata dalle popolazioni locali, che concretamente giorno per giorno costruiscono il paesaggio. O lo abbandonano all’incuria, al degrado, all’inselvatichimento.

Occorre incentivare la costruzione di paesaggi locali, vale a dire, utilizzando opportune politiche e incentivi, coinvolgere nella realizzazione degli obbiettivi per la conservazione, manutenzione e produzione di paesaggio gli abitanti delle campagne e gli abitanti dei quartieri dei margini urbani.

8 – Nuovi strumenti urbanistici

L’Urbanistica deve produrre, prima dei Piani, visioni e scenari e proporre progetti per tendere alla realizzazione di quelle visioni e scenari.

E deve esprimere i suoi contenuti con linguaggi grafici e testi chiari e comprensibili.

I Piani Regolatori Generali, nelle loro diverse denominazioni utilizzate nelle diverse Regioni italiane, sono strumenti che presentano delle criticità strutturali sia nei contenuti che nelle tecniche.

Tra le quali criticità ne emergono due per la loro rilevanza negli effetti sulla gestione dei Piani e sul paesaggio urbano e territoriale.

La prima criticità: la traduzione di previsioni sugli assetti futuri fisico-funzionali in rigide norme prescrittive valide a tempo indeterminato o comunque rivedibili a intervalli temporali lunghi rispetto alla possibile rapida obsolescenza di alcune delle stesse previsioni.

La seconda: la difficoltà/incapacità di trattare la piccola dimensione, che però come detto è la dimensione nella quale possono essere delineate, progettate e realizzate le condizioni per le qualità di un buon abitare, e in particolare i sistemi di spazi pubblici o i piccoli interventi diffusi.

Per ovviare a queste criticità, occorre utilizzare strumenti integrativi dei Piani Regolatori, che abbiano caratteristiche di flessibilità e di multiscalarità (cioè strumenti che trattino la piccola dimensione come la grande dimensione).

Questi sono tutti quegli strumenti che vanno sotto i nomi di scenari, di schemi di assetto urbanistico, di Master Plan o di Piani di Quartiere.

Strumenti che possono essere utilizzati come programmi di politiche urbane di una Amministrazione comunale, adottati con delibera di Consiglio Comunale, e tra i cui contenuti possono essere inseriti schemi e scenari progettuali anche di scala ridotta: da nuove piazze a piste ciclabili.

Sono strumenti utilizzabili in vario modo: come indirizzi preliminari per la formazione di un nuovo PRG, o come guida per eventuali varianti, o come quadro di coerenza per eventuali Programmi Integrati anche in variante al PRG, ma anche come indirizzi per la formazione dei programmi triennali delle Opere Pubbliche o per la partecipazione a bandi di finanziamenti regionali o europei.

Sono strumenti che, soprattutto quando riguardano gli assetti di parti di città esistente, richiedono processi di Partecipazione degli abitanti.

Una partecipazione responsabile, che produca, attraverso tavoli di lavoro con abitanti di un quartiere ed esperti progettisti urbani, delle linee guida per la redazione degli scenari o schemi di assetto o Master Plan o Piani di Quartiere.

Nonostante le difficoltà anche legate alla presenza, attorno ai tavoli di lavoro, di un numero di abitanti in genere assai ridotto rispetto agli abitanti del quartiere.

Abitanti attivi, però, e civicamente responsabili.

Una partecipazione responsabile anche perché possono essere affidati agli abitanti stessi, tramite Associazioni e Comitati e secondo specifici regolamenti comunali, la cura e la manutenzione di alcuni spazi pubblici.

Intensificando, così, e diffondendo il senso di appartenenza ai luoghi.

Paolo Colarossi

[In copertina: Paolo Colarossi – Margine urbano – Mura verdi di San Severo]

[© Paolo Colarossi – Vietato riprodurre, anche parzialmente, il materiale pubblicato su Industriarchitettura]

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NOTE:

[1] Direi che i documenti più significativi sono la Convenzione Europea per il paesaggio (2000), l’Accordo di Bristol (Il concetto di comunità sostenibile – 2005), la Carta di Lipsia (Sviluppo urbano integrato – 2007) e la Carta di Malaga sui modelli urbani sostenibili (2011)

[2] Vedi definizione di Paesaggio all’art. 1 della Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze, 2000.

[3] Nel significato che propone Kevin Lynch in: L’immagine della città, Marsilio Editori, Padova, 1973, pagg. 93 – 98.

[4] Vedi: Carta di Malaga cit.

[5] Per approfondimenti sui temi dell’estetica urbana: Paolo Colarossi: Elementi di estetica urbana, in: Paolo Colarossi, Antonio Pietro Latini (a cura di), La progettazione urbana; Il Sole 24ore, milano, 2008, pagg. 71 – 430.

[6] Vedi a questo proposito il Patto Città Campagna come definito nel Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) della Regione Puglia.

[7] Vedi: Paolo Colarossi: Un nuovo rapporto città campagna, in: Fabio Mucilli, Enrico Fraccacreta (a cura di): Il Mosaico di San Severo, Edizioni Centro Grafico, Foggia, 2017, pagg. 111 – 127.

 

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