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Il segno evoluto – di Emanuela Fiorelli

Il filo elastico è un segno di matita che decolla dalla superficie del foglio per cercare ancoraggi ed estendersi nello spazio, per collegare superfici e ambienti.  L’elasticità è la forza invisibile che tiene i fili in tensione ed è la tensione la caratteristica del materiale che utilizzo nelle mie opere.  Mentre il mio intento è “un muoversi verso”, la natura dell’elastico è “un tornare a”. Questo dualismo fa sì che si crei una apparente immobilità. Apparente perché frutto della tensione che si crea fra i fili elastici (che vorrebbero tornare in condizione di riposo) e le superfici circostanti (che resistono e si oppongono).

Ogni materia ha caratteristiche proprie che la distinguono dalle altre ed è per quelle caratteristiche che dovrebbe essere utilizzata. Michelangelo ha esaltato la natura del marmo. Nei celebri “Non finiti” ha smesso di addomesticarlo e ha tirato fuori dal blocco non più l’immagine di un’idea, ma la natura stessa e la forza espressiva della materia.

Una materia elastica, se sollecitata, può produrre una vibrazione. Una corda, vibrando, può creare bellezza e armonia, come nella musica. L’armonia per me ha a che fare con la natura. Nell’Antica Grecia l’architettura non doveva occupare lo spazio, ma esserne parte. Questo spiega perché i Templi non avessero mura ma colonne che facevano entrare la luce in modo graduale, per creare sfumature e penombre. Questo faceva sì che la natura si compenetrasse nell’architettura e viceversa.

Le mie opere interagiscono con il contesto, specie i box in plexiglass trasparente e le installazioni ambientali che si conformano e non si impongono nello spazio, mettendo in relazione superfici diverse.

Nelle mie opere, questa relazione crea disegni armonici, vedute aeree, forse configurazioni che strutturano la nostra stessa esistenza. Alcuni disegni sono regolari, altri nascono dal caos per ipotizzare possibili leggi. In alcuni la ripetizione del caos conferma la regola, in altri il cambiamento del punto di vista confonde e ne complica la leggibilità.

La forza invisibile e irrequieta della tensione crea pensiero in movimento, pensiero creativo.

Spinoza scrive che l’uomo è simultaneamente pensiero ed estensione.

Nel pensiero di Deleuze e Bergson all’origine di tutto c’è uno slancio creativo e il tempo è il filo che ricuce i momenti dell’espansione. Quindi movimento temporale e spaziale. Uno slancio creativo è probabilmente difforme e irregolare… Ma, come scrive Deleuze, l’uomo tende sempre a ricondurre il caos all’ordine, a ritagliarsi un’isola di ordine nel mare del caos. Se ripetuto, il caos non è più caos e dire che il caos non ha regole, significa comunque introdurre una regola. Ecco la necessità della Ripetizione e della Simmetria speculare. Francis Ponge ne L’homme à grands traits scrive che “la simmetria può essere l’effetto delle vibrazioni. (…) Fate vibrare una corda e ve ne renderete conto. Così due occhi, due braccia, due polmoni, due reni, due gambe, due mani, due piedi. Ma quando le vibrazioni diminuiscono (…) tendono all’uno”. Questo può spiegare la specularità in alcune mie opere. Lo può spiegare anche il fatto che abbiamo due occhi e quindi una visione binoculare. Visione che non sdoppia la realtà ma che aggiunge profondità alla percezione. Per produrre specularità, una forma bidimensionale deve uscire dal piano e compiere un ribaltamento. Deve uscire dalla propria dimensione e ruotare nello spazio per ritornare nella propria dimensione. Come un pesce che fa un salto: uscendo dall’acqua avrà sperimentato per un attimo come si sta nell’aria.

Emanuela Fiorelli

[©Emanuela Fiorelli – Vietato riprodurre, anche parzialmente, il materiale pubblicato su Industriarchitettura]

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