Vittorio Giorgini - 5a

La ricerca morfologica di Vittorio Giorgini. Architettura secondo natura – di Marco Del Francia

Vittorio Giorgini (1926-2010) va senza dubbio annoverato tra quelle personalità che da sempre hanno fortemente creduto nella ricerca e nel metodo scientifico come unica strada per produrre cose più efficienti e confacenti ai bisogni umani.

Uomo contemporaneo, è stato – ancor più che architetto – un intellettuale che si è occupato di discipline artistiche e tecniche, di antropologia, di storia delle religioni e di filosofia; il suo sapere interdisciplinare, unito al pensiero scientifico, è divenuto la chiave per interpretare e revisionare fatti, eventi, comportamenti o teorie relative alla natura.

L’attitudine all’osservazione attenta delle cose, al fine di ricavarne soluzioni pratiche per lo sviluppo di progetti o processi, si manifesta non solo in ambito professionale, ma anche nella quotidianità del suo vissuto. Sbucciare un’arancia o costruire una scatola, ecco che diventa un ludico pretesto per sperimentare modalità nuove di esecuzione, cosa che ricorda molto – come approccio – il fare di Bruno Munari nello sviluppo della creatività attraverso il gioco.

Nell’atteggiamento laico tramite il quale rivendica autonomia di scelta rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso, è riconoscibile un metodo di lavoro rigoroso fondato su un apparente elemento di incertezza, il dubbio; porsi ovvero davanti a ogni cosa o evento non come noncuranza del problema conoscitivo della verità, ma all’opposto come condizione essenziale per determinare il vero senza dare nulla per certo.

Un dubbio metodico quindi, mosso dalla curiosità, dalla sete di riscontri oggettivi e razionali, da appurare attraverso la conoscenza, avendo come base costante di operatività il pensiero scientifico.

È nella morfologia che Giorgini ha incentrato il suo lungo lavoro di ricerca. L’intuizione di considerare le strutture esistenti in natura – siamo nei primi anni ’50 – come delle tecniche di funzionamento e di costruzione; i conseguenti tentativi empirici nella ferma convinzione di trovare soluzioni pratiche e specifiche per dare forma a una natura artificiale, superando lo spazio euclideo; l’ideazione della membrana isoelastica come tecnica affine alla natura, realizzata per mezzo della tecnica della rete e cemento; gli studi sulla Cimatica contaminandosi con gli esperimenti vibratori e le figure soniche di Hans Jenny: sono i primi passi che portano Giorgini alla ideazione e realizzazione di Casa Saldarini (1962), ovvero una costruzione con caratteri topologici, di elasticità statica e di leggerezza mai visti prima nel campo delle costruzioni.

Lo sforzo di portare ricadute applicative di più ampio respiro, nel tentativo di aprire su scala industriale un nuovo processo costruttivo, pregno di conseguenze sociali, economiche e culturali, si scontra con lo scetticismo intorno al suo lavoro e con l’arroccamento all’interno della Facoltà di Architettura di Firenze (dove svolgeva attività didattica e dove aveva fatto richiesta per attivare un laboratorio sul tema) da parte di docenti e capi di dipartimento su programmi più “rassicuranti” e consolidati. In Italia, le difficoltà di investire su proposte interessanti e coraggiose, le problematiche di scontrarsi con una marcata povertà di ricerca ed esperienze di nuovi metodi e tecniche nel campo dell’architettura, inducono Giorgini a varcare l’oceano (1969) per dare continuità ai suoi studi. Ed è come docente di progettazione all’interno della School of Architecture del Pratt Institute di New York, con la collaborazione dei suoi studenti, che Giorgini stabilisce almeno in parte il felice connubio fra didattica, ricerca e sperimentazione, validando per frammenti la fondatezza delle sue teorie.

Nel percorso di acquisizione di tali fondamenti teorici, sono determinanti per Giorgini gli studi di D’Arcy Thompson, in cui il naturalista inglese analizza i processi biologici partendo dai loro aspetti matematici e fisici. Sarà nell’essenziale definizione thompsoniana per cui “la forma di un oggetto è un diagramma di forze”, che si identificherà il paradigma di base che sosterrà per sempre la progettazione di Vittorio Giorgini. La geometria diventerà, per l’architetto fiorentino, il fondamento per tutto quello che riguarda la struttura dei sistemi e la relativa progettazione: lo studio dello spazio che vuole essere, al di fuori di consuetudini culturali, la base da cui partire per ricostruire quello che egli vorrebbe, prefigurare un nuovo modo di abitare il pianeta.

È su specifiche figure spaziali – come la sfera, il toro e i fusiformi – che si evidenzia l’elaborazione geometrica giorginiana: effettuando delle sezioni e delle curvature su queste figure, Giorgini ottiene delle travi a “guscio”, non orientabili e asimmetriche, caratteristiche degli oggetti naturali, i quali, per sopportare la propria stabilità ed il proprio equilibrio, sono caratterizzati da curvature con raggi ampi ‘abbastanza’, in modo da assorbire la maggior parte delle deformazioni.

Questa caratteristica statica fornisce, allo studio strutturale giorginiano, un’idea progettuale che si caratterizza nel definire l’oggetto architettonico secondo forme curvilinee contraddistinte da varie curvature, a seconda delle esigenze statiche e funzionali richieste. Queste, proprio per la loro conformazione, garantiscono l’equilibrio statico, eliminando la conseguente necessità di aumentare la quantità di materiale laddove lo sforzo portante risulta maggiore.

Nel corso dello sviluppo e dell’approfondimento delle scoperte personali, gli interessi di Giorgini si indirizzano verso il campo della Topologia. Partendo da modelli basici come l’anello di Moebius e la bottiglia di Klein, Giorgini arriva a configurare nuove figure tridimensionali a più curvature, come la sfera e vari tori topologici. La punta di queste ricerche sarà raggiunta con il progetto e il cantiere del centro comunitario “Liberty” (non concluso quando ormai mancava solamente la stesura del cemento sulla rete elettrosaldata) nel 1976-79. Successivamente, nell’interpretazione formale degli organismi naturali, Giorgini opera una sistematizzazione degli stessi secondo modelli che riflettono geometrie basate non più su strutture a membrana, ma sulle maglie tetraedriche e ottaedriche, sempre secondo schemi non simmetrici. I moduli reticolari consentono una progettazione isotropica uniforme, elevabile in altezza e senza appoggi ingombranti sul terreno. Dal punto di vista della cifra progettuale la riproposizione di maglie strutturali così definite costituisce una iconografia formale diversa rispetto ai progetti contraddistinti da superfici curve; ma, come amava ripetere il suo autore, benché formalmente diverse, le due tipologie di progetti possono ritenersi uguali: quello che li rende differenti sono soltanto le tecniche pensate per la loro realizzazione.

La padronanza di questi principi costruttivi, organizzativi e funzionali, permette a Giorgini di estendere la progettazione in qualsiasi campo a 360 gradi. Gli stessi concetti sono utilizzati sia nel campo del design che in quello dei mezzi di trasporto e dei relativi collegamenti urbani ed extraurbani. Si ricorda in particolare l’ideazione della monotrave leggera e della proposta alternativa per l’attraversamento sullo stretto di Messina, con la quale ha vinto nel 2008 il Premio Musmeci.

Oggi, a più di mezzo secolo dall’avvio di queste ricerche, possiamo ragionevolmente sostenere che l’intera opera giorginiana è satura di intuizioni di assoluta avanguardia. I suoi contenuti sono vasti e hanno molteplici implicazioni. Come in un gioco di scatole cinesi ogni segmento di ricerca ne apre sistematicamente un altro, e ognuno è collegato. Lo stesso Giorgini era consapevole dei caratteri olistici delle sue investigazioni, che andavano oltre gli aspetti tecnici e geometrici e si spingevano verso il campo della fisica e degli spazi quantici. Fornendo all’esperienza immaginativa progettuale un’accelerazione di incredibile forza, Giorgini ha altresì aperto una strada sulle strutture ambientali come principi attivi che influenzano il comportamento delle persone.

Se il suo vissuto culturale e professionale possa essere il frutto di un precorrimento dei tempi e di un’incomprensione dei contemporanei, sarà questione che potrà legittimamente far parte della storia delle idee e della resistenza o fragilità temporale che potrà riservare il futuro.

Marco Del Francia

Didascalie

1- Prove di trasformazione di sistemi simmetrici in maglie asimmetriche.

2a- Studi sulle forze di tensione e compressione nei sistemi strutturali animali.

2b- Studi sulle forze di tensione e compressione nei sistemi strutturali animali.

3- Per Giorgini la natura è una ricca risorsa di esempi, anche per progettare un incrocio stradale.

4a- Casa Saldarini in costruzione; la membrana di rete e cemento era spessa appena 4 cm.

4b- Casa Saldarini a Baratti-Piombino, 1962.

4c- Casa Saldarini a Baratti-Piombino, 1962.

5a- Centro Comunitario “Liberty”, Parskville – NY, 1976-77: foto del cantiere. L’opera manifestava complessità topologiche mai raggiunte prima.

5b- La struttura in costruzione del centro comunitario Liberty fotografata dall’elicottero.

6a- La sfera topologica ideata da Giorgini a partire dal modello dell’anello di Moebius (disegno).

6b- La sfera topologica ideata da Giorgini a partire dal modello dell’anello di Moebius (modello in alabastro realizzato dagli artisti David Dainelli e Alessandro Marzetti).

7- Il progetto per Genesis a New York (1984): il complesso a maglie tensionali tetro-ottaedriche si inserisce nell’ambiente urbano preesistente, sviluppandosi in altezza per lasciare il suolo più possibile libero per usi pubblici.

8- River Crane, New York (1993): il complesso è un centro mondiale per lo sviluppo di politiche ambientali, concepito secondo schemi di crescita aggregativa organizzati per livelli gerarchici; l’organismo si sviluppa strutturalmente su un “albero”, posato su un treppiede con funzione di compressione, ed è stabilizzato da un sistema di cavi che contribuisce a sostenere e stabilizzare la maglia spaziale.

9- proposta di ponte sospeso per lo stretto di Messina (2008).

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