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Il meglio e il peggio di Cannes – di Gabriele Niola

Scelti per essere rappresentativi di un po’ tutte le tipologie di film visti, presi tra i più noti ma con l’inserimento di qualche nuovo nome o qualche regista meno conosciuto, ecco i 5 film da vedere e i 5 da perdere tra quelli passati a Cannes e che inevitabilmente vedremo arrivare a scaglioni per tutta la prossima annata.

I MIGLIORI

The Salesman (8/10)

Se avete visto Una separazione non c’è niente da aggiungere, se invece ancora non conoscete il cinema di Asghar Farhadi non dovete perdervi questo thriller di parola, questo film di suspense e responsabilità, in cui una decisione da prendere tiene tutto il pubblico con il fiato sospeso per tutto un film.

Just la fine du monde (9/10)

Xavier Dolan è il prossimo regista ad andare di moda e come tale presto sarà anche odiato. Tutto senza che nessuno abbia visto i suoi film. La verità è che questo ragazzino che a 26 anni ha fatto 5 lungometraggi, di cui almeno 3 grandissimi film, rappresenta il nuovo. Gira melodrammi intensi e barocchi con uno stile mai visto che ti colpisce dove non pensavi più di poter essere colpito.

American Honey (8/10)

È il contesto quel che stupisce di questo film di Andrea Arnold, un gruppo di neomaggiorenni che sembrano privi di famiglie o legami, uniti dal fatto di girare l’America vendendo abbonamenti a riviste e così autosostentando il loro stato di gita perenne. Ma una volta dentro questa realtà particolare a impressionare davvero è l’impressione di vicinanza agli esseri umani sullo schermo.

Elle (8/10)

Solo un regista come Paul Verhoeven, così affezionato alla durezza della vita, alla violenza intesa come dolore fisico ma anche come vessazione e umiliazione, poteva girare un film così ironico su personaggi così spietati, uno con una donna vittima di stupro di memorabile cinismo e dotata un fare così spregiudicato che sembra lo stesso dei vecchi zii senza peli sulla lingua che ti educano al disincanto.

La pazza gioia (8/10)

Non c’è niente di più italiano di un film così. Bello, intenso e serio solamente quando coglie il lato grottesco ed esilarante dell’essere umani. È una commedia, ovviamente, trattandosi di Virzì ma le battute saranno 2 o 3, perché l’ironia in realtà emerge dalle scene, dal rendersi conto di aver notato come fosse la prima volta le assurdità della vita comune. C’è così tanta umanità concreta in questo film, così tanta esibita similitudine con il nostro intimo che alla fine è difficile non commuoversi.

I PEGGIORI

The Last Face (1/10)

Mai caduta fu più verticale come quella fatta da Sean Penn. Salito sul podio più alto con Into the wild, sprofonda ora negli abissi con questa folle avventura africana di due amanti bianchi in una tragedia che non li riguarda ma che sono così sensibili da compatire. Vedere questo film è come andare ad un esclusivissimo evento di gala benefico e guardare proiettate le immagini delle guerre e delle loro vittime mentre viene servito il primo antipasto di gamberi.

I, Daniel Blake (5/10)

Non che Ken Loach non abbia più di un asso nella manica e non che questo suo ultimo film, vincitore della Palma D’Oro non abbia i pregi che gli vengono sempre, giustamente riconosciuti, cioè una capacità così invisibile e scorrevole di narrare una storia densa di idee. Ma davvero è impossibile riproporre sempre la medesima storia ad oltranza.

Fai Bei Sogni (4/10)

Non c’è niente di peggio di un film di Bellocchio in cui non funziona niente. Le sue opere sanno raggiungere punte di meraviglie estasiata con uno stile così particolare e suggestivo che quando invece la magia non si crea, quando l’alchimia non è perfetta, ogni singola scena appare ridicola, pretestuosa, noiosa e incomprensibile.

The Neon Demon (5/10)

Parte benissimo, con un fantastico primo tempo, idee visive come sempre impressionanti e una capacità di suggestionare unica. Il tema anche è perfetto per Nicolas Winding Refn: nel mondo della moda una giovane ragazza sembra avere l’attenzione di tutti e le modelle più grandi di lei la odiano così tanto da volerla sbranare realmente. Purtroppo nella seconda parte volutamente il film non chiude niente, delira, svaga e non riesce nemmeno ad essere un’opera sperimentale.

Dog eat dog (3/10)

Criminali in fuga e ultime occasioni, Paul Schrader ce la mette tutta e apre questo suo ultimo film con una scena fantastica, un Willem Dafoe drogatissimo preda di una stanza rosa e della più zuccherosa televisione. Ma non può bastare un ottimo incipit a tenere in piedi un film così scalcagnato e privo di mordente.

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