Padiglione-Spagna

Biennale Architettura Venezia 2016, il Padiglione spagnolo – di Graziella Trovato

Il Padiglione spagnolo si è portato a casa un meritato Leone d’oro in questa 15. Biennale di Architettura. La giuria ha premiato “la scelta accurata di architetti emergenti che, con creatività e immaginazione, hanno saputo superare i limiti materiali e di contesto”.

In realtà, a vedere le opere di architettura selezionate, gli architetti non sono poi così emergenti (tra i nomi Herreros, Barozzi Veiga, Paredes Pedrosa, MGM e tra i più giovani alcuni già noti come Arturo Franco e  PKMN) e le situazioni in cui sorgono i progetti non sono poi così avverse. Si tratta infatti di 55 opere, già premiate e pubblicate a diversi livelli, realizzate a partire dal 2005, in piena auge della bolla immobiliare ed avviate, in molti casi, anteriormente.

Il concept del padiglione spagnolo è comunque l’espressione di un progetto ministeriale serio ed accurato, voluto da Francisco Mangado (nominato dal Ministero delle Opere Pubbliche responsabile delle biennali di architettura), che ha selezionato due curatori con profili e traiettorie diverse, con la precisa volontà di mostrare un panorama ampio ed eterogeneo della migliore architettura realizzata in Spagna negli ultimi dieci anni. Un periodo questo in cui si producono la recessione economica e lo stravolgimento del settore professionale, costretto a reinventarsi e ad emigrare per cercare nuove opportunità. Un messaggio quindi positivo e di speranza necessario, diretto alla società e soprattutto alla professione.

Carnicero e Quintans hanno utilizzato la condizione amplia e suggestiva di “non finito” come pretesto, strutturandolo in 9 categorie in cui rientrano altrettante strategie progettuali: consolidate, infill, pavements, naked, reapropiation, adaptable, reassignments, perching, guides.

Va sottolineato che altre dodici opere sono state selezionate con concorso pubblico aperto a studi di giovani architetti. Nella giuria Santiago Molina, Jacobo García Germán e Ángel Martínez.

Elegante, classica e di grande effetto spaziale l’istallazione progettata da Lorena del Río, Marcos García Cortés e Miguel Ángel Melgar con Song Rene e Echeocai per il calcolo strutturale. Una serie di griglie metalliche parallele e mobili servono da sopporto alle opere di architettura menzionate e alle sette serie fotografiche, raccolte nella sezione “Visiones”, che mostrano nella sala centrale gli effetti devastanti del non finito: precarietà abitativa e desolazione di paesaggi colpiti dalla speculazione edilizia e dalla corruzione.

Nación rotonda, Re-edificatoria, Spanish dream, Landscapes under 30: Transitional space, Standstill Architeture, Landscape Under Construction, Arquitectura y resistencia costituiscono probabilmente il contributo più suggestivo e originale del padiglione che conta anche con una sezione dedicata ad interviste realizzate da Carnicero ad esperti internazionali come Frampton o Fujimoto, sul potenziale e il futuro dell’architettura spagnola.

Il “non finito” da sempre ha due volti, come la Medusa. Uno è quello mostruoso dell’abbandono e del saccheggio della cosa pubblica a favore di interessi privati e privativi; l’altro è quello affascinante e anti-classico della flessibilità, l’adattabilità, la perfettibilità.  L’uno è il riflesso dell’altro. Il Padiglione spagnolo ci suggerisce che l’architetto, come Perseo, ha ancora lo scudo per sconfiggere la Medusa e trasformare, come nel mito, la testa del mostro, in questo caso l’infinità di architetture e paesaggi incompiuti, in un patrimonio comune di rinascita per il futuro.

El inacabado desde siempre tiene dos caras, como la Medusa. Uno es el monstruo del abandono y el saqueo de los asuntos públicos a favor de intereses privados y privativos; el otro es el fascinante y anti-clásico de flexibilidad, adaptabilidad, perfectibilidad

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